lunedì 18 novembre 2013

AGGIORNAMENTO: Ben. 1. 1

Lucio Anneo Seneca

De Beneficiis
Libro I Capitolo I

[1.1.1] Tra molti e vari errori di coloro che vivono in maniera sconsiderata e con leggerezza, carissimo Liberale, direi che quasi nulla è più indegno del fatto che non sappiamo dare e ricevere benefici. Ne consegue pertanto che si è cattivi debitori di ciò che viene donato male; ci lamentiamo troppo tardi dei benefici non restituiti: infatti, nello stesso momento in cui li abbiamo donati erano già perduti. E non c’è da stupirsi che tra i molti e più grandi vizi nessuno sia più diffuso dell’ingratitudine. [1.1.2] Mi rendo conto che tutto questo avviene per diversi motivi: primo fra questi è che noi non sappiamo scegliere le persone degne alle quali concedere i nostri benefici. Quando invece stiamo per fare un prestito, indaghiamo scrupolosamente sul patrimonio e sulla vita del debitore, e poi non spargiamo i semi in un terreno stremato e sterile. Al contrario, i benefici, più che donarli, li gettiamo via senza alcun discernimento. [1.1.3] Non è semplice dire cosa sia più ignobile fra il negare un beneficio o richiederlo in cambio; esso infatti è quel genere di credito dal quale bisogna recuperare tanto quanto viene restituito spontaneamente. Il dichiarare bancarotta, poi, è veramente una cosa vergognosissima proprio per questo motivo, perché per estinguere il nostro debito non sono necessarie le ricchezze, bensì l’animo; infatti a rendere il dono è chi si sente in debito. Ma, considerando che sono colpevoli anche quelle persone che non dimostrano di essere grate nemmeno ammettendolo a parole, in fondo siamo colpevoli pure noi. [1.1.4] Abbiamo a che fare con molti ingrati, molti di più sono quelli che rendiamo ingrati noi stessi, poiché delle volte siamo pesanti nel rinfacciare e nel riscuotere, altre volte siamo incostanti e poco dopo ci pentiamo del nostro favore, altre volte brontoliamo e ci lamentiamo delle più piccole inezie. Distruggiamo ogni senso di gratitudine, non tanto dopo aver concesso il beneficio, ma proprio mentre lo concediamo. [1.1.5] A chi di noi è bastato essere pregato con tatto o anche solo una volta? Chi, sospettando che gli si stesse per chiedere qualcosa, non ha aggrottato la fronte, deviato lo sguardo, finto un impegno, tolto all’interlocutore, attraverso lunghi discorsi fatti apposta per non avere fine, l’occasione di chiedere ed evitato con varie tattiche i bisogni impellenti? [1.1.6] Chi poi, messo alle strette, o ha differito, ovvero ha negato timidamente, o ha promesso, ma con difficoltà, alzando le sopracciglia o con parole malevole e pronunciate a stento? [1.1.7] Nessuno, d’altra parte, si sente volentieri in debito di ciò che non ha ricevuto ma ha strappato dalle mani. Una persona può essere grata nei confronti di colui che ha gettato via il beneficio con un atto di superbia o l'ha schiaffato in faccia o l'ha dato, dopo essersi stancato, per liberarsi dal fastidio? Sbaglia colui che spera che gli renderà il contraccambio la persona che ha stancato con il differimento e ha torturato con l'attesa. [1.1.8] Ci si sente debitori di un beneficio con lo stesso animo con cui viene dato, e per questa ragione non bisogna elargire benefici in modo superficiale; infatti ciascuno deve a se stesso ciò che ha ricevuto da chi non sa donare. Certamente non bisogna attardarsi a dare; infatti, dato che in ogni tipo di servizio offerto è molto apprezzata la volontà di colui che dà, chi ha agito tardi, a lungo non ha voluto agire. In ogni caso non bisogna dare in maniera offensiva; infatti dal momento che la natura ha preparato le cose in modo tale che le offese penetrano in noi più in profondità dei meriti e che, mentre questi ultimi defluiscono velocemente, quelle vengono custodite da una memoria tenace, che cosa si aspetta chi, mentre benefica, offende? Si è abbastanza grati nei suoi riguardi se si perdona il suo beneficio. [1.1.9] Al contrario, a renderci più lenti nel fare del bene, non deve essere la gran quantità di ingrati. Come ho già detto, infatti, siamo innanzitutto noi stessi ad incrementarne il numero; e poi nemmeno gli dei immortali sono dissuasi dalla loro generosità tanto traboccante e incessante a causa dell’esistenza di uomini sacrileghi o negligenti nei loro confronti. Si avvalgono della loro natura divina e giovano a tutti gli esseri e, fra questi, anche a quelli che mal riconoscono i loro favori. Seguiamo questi, quindi, come guida, almeno per quel tanto che è permesso alla debolezza umana: diamo i benefici, non pratichiamone l’usura. Si merita di essere ingannato colui che, nell’atto stesso di dare, pensava gia al contraccambio. Ma ammettiamo pure che le cose vadano male. [1.1.10] Sia i figli che le mogli hanno deluso le nostre aspettative, tuttavia continuiamo ad educare la prole e a contrarre matrimoni, e siamo ostinati nell’affrontare le nostre esperienze a tal punto che continuiamo a combattere pur essendo stati vinti e a navigare pur avendo fatto esperienza dei naufragi. Quanto più sarebbe conveniente perseverare nell’elargire benefici! Se qualcuno poi non li dà perché non ha ricevuto il contraccambio, allora a suo tempo ha dato con il fine di ricevere, e rende difendibile la causa degli ingrati, per i quali è motivo di vergogna non ricambiare un beneficio, quando invece avrebbero possibilità di farlo. [1.1.11] Quanti sono indegni della luce stessa! Eppure il sole continua a sorgere. Quanti si interrogano sul perché siano nati! Eppure la natura continua a generare una nuova discendenza e a lasciar vivere coloro i quali avrebbero preferito non essere nati. [1.1.12] Questa è una particolarità dell’animo grande e buono: non perseguire il frutto dei benefici, bensì i benefici stessi, e cercare il bene anche dopo avere fatto esperienza di persone immorali. Cosa ci sarebbe di nobile nell’aiutare tante persone se nessuna di esse ci deludesse? Dunque è virtù concedere benefici senza la certezza che vengano contraccambiati in futuro e di cui l’uomo di valore raccoglie immediatamente il frutto. [1.1.13] Pertanto ciò non ci deve mettere in fuga e renderci più pigri nei confronti di una cosa bellissima, al punto che, se mi viene recisa la speranza di trovare un uomo grato, preferirei non ricevere benefici che non darli poiché chi non dà precede il vizio dell'ingrato. Ti dirò quello che penso: chi non restituisce il beneficio pecca di più, chi non lo dà pecca prima.

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