sabato 26 aprile 2014

AGGIORNAMENTO: Ben. 1. 11

Lucio Anneo Seneca

De Beneficiis
Libro I Capitolo XI

[1.11.1] Ci rimane da dire quali benefici si debbano dare e come. In primo luogo dobbiamo donare ciò che è necessario, in secondo luogo ciò che utile, quindi ciò che è piacevole; in ogni caso dobbiamo concedere benefici destinati a permanere nel tempo. Bisogna comunque partire dai benefici necessari. Del resto – come si suol dire – un effetto sortisce il beneficio che preserva la vita, un altro effetto ancora sortisce quello che la abbellisce e la adorna. Nel caso di quest’ultima tipologia di beneficio può sempre capitare di imbattersi in una persona che valuta in maniera schizzinosa ciò che abbiamo dato, di cui potrebbe facilmente fare a meno e di cui potrebbe anche dire “prenditelo indietro, non ne ho bisogno; mi basta quello che ho”. Talvolta, poi, non solo piace rendere ciò che si è ricevuto, ma addirittura gettarlo via [1.11.2] Fra le cose che sono necessarie, alcune - ovvero quelle senza le quali non possiamo vivere - occupano la prima posizione, altre - ovvero quelle senza le quali non dobbiamo vivere - la seconda, altre - e si tratta di quelle senza le quali non vogliamo vivere - la terza. [1.11.3] Le prime rientrano in tipologie simili alle seguenti: essere strappati dalle mani dei nemici, essere salvati dall’ira del tiranno, dalle liste di proscrizione e dagli altri pericoli che, vari e incerti, minacciano la vita umana. Qualunque di questi mali avremo scongiurato, quanto più pericoloso e terribile esso sarà, tanto più grande sarà la gratitudine che avremo generato. Quello che infatti accade è che subentra subito il pensiero della gravità del pericolo scampato, e il timore che si è provato poco prima aggiunge al beneficio che si riceve subito dopo una certa attrattiva. Non per questo, però, dobbiamo salvare qualcuno più tardi rispetto a quando potremmo per far sì che la paura accresca il valore del nostro dono. [1.11.4] La classe successiva è quella di quei benefici - come ad esempio la libertà, il pudore, la rettitudine morale - senza i quali possiamo ugualmente vivere, ma in modo tale che sia meglio la morte. Dopo questa tipologia di benefici viene la classe di tutti quei beni che ci sono cari in virtù della parentela, dei vincoli di sangue, delle frequentazioni e di una certa familiarità radicatesi nel tempo: si tatta dei figli, delle mogli, dei penati e di tutte le altre cose nelle quali la nostra anima si attacca fino al punto da pensare che essere strappati ad essi sarebbe più grave della morte stessa. [1.11.5] Seguono quindi i benefici utili, il cui campo di azione è variegato ed esteso. In questa classe si collocherà la ricchezza, che non dovrà essere sovrabbondante, ma che sarà stata procacciata in modo sufficiente tanto da averne secondo una giusta misura. In questa classe ci saranno poi le onorificenze e i progressi di chi mira verso gli obiettivi più elevati (e infatti non c’è niente di più utile che risultare utili ai propri concittadini). Infine, la restante classe di benefici è quella che si genera dall’abbondanza e che a lungo andare ci rende raffinati. Nel caso di questa tipologia ci comporteremo in modo che i nostri doni risultino graditi perché dati nel momento opportuno, che non siano dozzinali, che ad averli siano in pochi (o che siano in pochi ad averli entro un certo lasso di tempo o in un certo modo), che - anche se non sono per loro natura preziosi - lo diventino a seconda della circostanza o del luogo in cui li diamo. [1.11.6] Cerchiamo di capire quale dono, una volta offerto, sarà motivo del più grande piacere, quale dono potrà spesso balzare agli occhi della persona a cui lo daremo, così che possa trovarsi in nostra compagnia ogni qual volta si troverà accanto ad esso. Ma soprattutto, faremo attenzone a non offrire doni inutili. Ad esempio, non doneremo armi da caccia ad una donna o ad un anziano, non regaleremo libri a uomini di campagna, reti gladatorie a intellettuali e letterati. Analogamente - e al contrario - baderemo bene a non offrire alle persone alle quali vogliamo risultare graditi oggetti che possano implicitamente funzionare da rimprovero per le loro magagne. E così non regaleremo vino ad una persona incline all’ubriachezza, né regaleremo medicine a chi è cagionevole di salute. Quell’oggetto che denuncia apertamente il difetto di chi lo riceve, infatti, comincia a non essere più un dono, bensì un oltraggio.

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