martedì 6 maggio 2014

AGGIORNAMENTO: Ben. 1. 13

Lucio Anneo Seneca

De Beneficiis
Libro I Capitolo XIII


[1.13.1] Quando Alessandro il Macedone, dopo avere conquistato l’Oriente, innalzava il suo animo al di sopra della condizione umana, i Corinzi si congratularono con lui per mezzo degli ambasciatori e gli fecero dono della loro cittadinanza. Poiché Alessandro era scoppiato a ridere di fronte a questo genere di offerta, uno degli ambasciatori gli disse: «A nessun altro, ad eccezione che a te e ad Ercole, abbiamo mai dato la cittadinanza». [1.13.2] Allora Alessandro accettò ben volentieri l’onorificenza non comune e, dopo aver trattato gli ambasciatori cordialmente e con ogni altro genere di riguardo, considerò non chi gli offriva la cittadinanza, bensì la persona alla quale era già stata offerta in passato; e così, quell’uomo dedito alla gloria, di cui non conosceva le alterne fortune e la misura, seguendo le orme di Ercole e di Bacco, e non fermandosi nemmeno laddove esse si erano arrestate, rivolse la propria attenzione al compagno della sua onorificenza, distogliendola da chi gliela stava offrendo, in quanto - quasi come se avesse il cielo nelle sua mani (quel cielo che abbracciava con la sua mente piena di illusioni) - veniva accomunato ad Ercole. [1.13.3] Ma cosa aveva in comune con lui questo giovane folle, che al posto della virtù possedeva una fortunata avventatezza? Ercole non vinse niente per sé: attraversò il mondo intero, non desiderando, ma valutando cosa vincere, nemico dei malvagi, protettore dei buoni, pacificatore della terra e del mare. Costui invece, fin dalla giovinezza, fu un predone, un saccheggiatore di popoli, una rovina tanto per i nemici quanto per gli amici, al punto da reputare un sommo bene l'essere il terrore di tutti i mortali, dimenticando che non sono temuti soltanto gli animali più feroci, ma anche quelli più codardi, a causa del loro veleno mortale.

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