venerdì 23 maggio 2014

AGGIORNAMENTO: Ben. 1. 15

Lucio Anneo Seneca

De Beneficiis
Libro I Capitolo XV

[1.15.1] In realtà io non impongo indugi ai benefici: perché quanto più grandi e più numerosi essi saranno, tanto maggiore sarà la lode che recheranno. Purché ci sia un criterio; infatti non possono essere cari a nessuno se dati a caso e in maniera sconsiderata. [1.15.2] Per la qual cosa, se qualcuno pensa che noi, quando diamo questi precetti, richiudiamo la generosità all’interno del suo recinto e apriamo per lei un campo meno vasto, di certo ha ascoltato inutilmente le nostre raccomandazioni. Infatti quale virtù veneriamo di più? A vantaggio di quale virtù usiamo di più i nostri stimoli? A chi si confà questa esortazione se non a noi che vogliamo rafforzare la compattezza sociale del genere umano? [1.15.3] Ma come? Poiché nessun impeto dell’animo, anche se incomincia da una giusta intenzione, è virtuoso, a meno che il senso della moderazione non l’abbia trasformato in virtù, vieto che la generosità si trasformi in prodigalità. Un beneficio si riceve con piacere e per giunta con le mani rivolte verso il cielo, quando è la ragione a farlo pervenire a chi è degno e non dove la sorte o un moto irrazionale lo trasporta; un beneficio di questo tipo piace ostentarlo ed ascriverlo a se stessi. [1.15.4] Tu chiami benefici quelli dei quali ti vergogni di far conoscere il nome dell’autore? Ma quei benefici, quanto più sono graditi e quanto più penetrano nel profondo dell’animo destinati a rimanervi per sempre, quando ti rendono felice mentre pensi più a chi te li ha dati che a ciò che hai ricevuto? [1.15.5] Crispo Passieno soleva dire di preferire di alcuni il giudizio piuttosto che il beneficio, di altri, invece, il beneficio piuttosto che il giudizio, e aggiungeva degli esempi. “Preferisco,” diceva, “ il giudizio del divo Augusto, mentre di Claudio preferisco il beneficio.” In realtà io ritengo che non si debba aspirare al beneficio di nessuna persona il cui giudizio non vale nulla. [1.15.6] E quindi? Non si sarebbe dovuto accettare quel che era dato da Claudio? Si doveva, ma come se fosse stato dato dalla fortuna, della quale sarebbe meglio sapere che può all’improvviso diventare avversa. Perché scindiamo queste cose che sono mescolate tra di loro? Non è un beneficio quello a cui manca la sua miglior parte, ovvero l’esser stato dato con discernimento: altrimenti una grande quantità di denaro, se non è stata donata con criterio e nemmeno con una retta disposizione d’animo, è più un tesoro che un beneficio. E invece sono molte le cose che è necessario accettare senza però il bisogno di sentirsi in debito.

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